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STORIE - L'inizio degli studi di canto lirico

di Graziano D'Urso

 


Nel curriculum di un cantante lirico raramente si racconta la parte invisibile: c’è solo il successo, i traguardi, i riconoscimenti. Ma quegli elementi non sono altro che la punta dell’iceberg. Dietro emergono sacrifici, impegno, studio, fatica e talvolta delusioni o umiliazioni. È il destino di chi sale su un palco, si mostra al giudizio di un pubblico, di una giuria o di un critico, di chi sceglie di mettersi alla prova.

Nel mio primo incontro con il maestro Piccolo, mi fu detto che c’era del potenziale su cui lavorare, grazie a una buona estensione e un timbro interessante. E fui avvisato chiaramente: se non avessi risposto agli stimoli didattici, se non avessi studiato con serietà, sarei stato lasciato indietro. Era esattamente ciò che io stesso dicevo ai miei allievi di chitarra, e compresi subito l’importanza della didattica e dell’apprendimento. Così cominciai a prendere appunti meticolosi su tutto ciò che mi veniva spiegato.

La mia prima vera lezione di canto avvenne l’8 settembre 2014 alle 11.00, durata due ore come le successive. Per non destare sospetti, raccontavo ai miei genitori che andavo a dare lezioni di chitarra a domicilio. Il maestro mi classificò in via provvisoria come baritono (o bassbaritòn), cautelativamente, perché era presto per determinarlo con precisione. Da subito mi sentii più a mio agio nei registri più gravi, quindi fui inserito inizialmente in quella categoria.

Le prime arie che approcciai furono da basso, come “Vi ravviso, o luoghi ameni” da La Sonnambula di Bellini. Inizialmente ignoravo il significato di molte parole, la terminologia didattica mi era estranea, capivo una parola su tre. Con il tempo ho affinato la comprensione del lessico tecnico e imparato ad abbinare le parole a sensazioni fisiche concrete: diaframma, palato, laringe, cavità, suono in maschera, squillo… ogni termine è diventato applicazione pratica.

Mentre lavoravo con Claudio, la voce iniziò a emergere agli orecchi del pubblico amatoriale, che mi chiedeva: “Ma perché non studi canto lirico?”, “Dovresti cantare nei grandi teatri”. Nel 2016, in un ristorante a Milo, incontrai anche Oleg Korotkov, basso solista del Teatro dell’Opera di Praga, con cui improvvisai un duetto; il contatto non ebbe seguito, ma fu un riconoscimento spontaneo del mio potenziale.

Un anno dopo l’inizio degli studi arrivò il momento della maturazione: preparai l’ammissione al Triennio Accademico in canto all’Istituto “Vincenzo Bellini” di Catania. Mi serviva una preparazione solida anche in teoria e solfeggio, così Claudio mi insegnò elementi base durante i viaggi in auto, poi mi indirizzò alla Prof.ssa Vincenza Brunetto. Studiai con lei per alcuni mesi, poi affrontai nel settembre 2015 i test di ammissione. Ebbi l’idoneità in teoria e solfeggio, e un ottimo punteggio in canto, ma non fui ammesso: non c’erano posti disponibili, nonostante fossi primo in graduatoria.

Eppure, proprio quando mai avrei potuto immaginare qualcosa, il maestro Piccolo mi propose di fare un’audizione per un coro lirico pronto a una tournée in Cina. Anche se pensavo potesse essere uno scherzo, risposi con un convinto “Sì, cosa devo fare?”. In due settimane fui in Via Milo a Catania per l’audizione, insieme a un altro allievo; ci dissero che potevamo restare come membri stabili del coro, pur non dichiarando chi fosse il nostro insegnante. Fummo presi sia per la tournée sia nell'organico stabile. Quel giorno mi preparai a dire ai miei che sarei partito per un mese in Cina, quando ancora loro avevano appena accettato che stessi studiando canto lirico.

La mia esperienza dimostra come dietro a ciò che appare nei curriculum ci sia un percorso spesso invisibile fatto di impegno, studio, disciplina e anche delusioni. Il talento emerge solo se lo si coltiva con serietà e apertura. Essere sensibili all’ascolto di chi riconosce il nostro potenziale, come il maestro Piccolo, può trasformare una semplice intuizione in una svolta esistenziale. Per chi studia canto lirico, il messaggio fondamentale è questo: non basta avere una voce, serve anche attitudine alla fatica, umiltà nell’apprendimento e il coraggio di dire sì alle sfide, anche quando sembrano impossibili o fuori pista.

Questo articolo è tratto da "Memorie di un cantante. Approccio all'opera lirica". Se vuoi conoscere altri aneddoti e trarre altri insegnamenti da questo percorso musicale e professionale scopri il libro sui principali store online e sul sito dell'editore Lulu Inc.

Se ti fossi perso l'articolo precedente clicca su STORIE - Il mio primo approccio al canto lirico.


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