di Graziano D'Urso
Nel percorso di formazione di un cantante-attore, spesso si tende a considerare separati due elementi che invece appartengono a un’unica dimensione: la tecnica vocale e la capacità di dare vita al testo. Verdi aveva già intuito con straordinaria lucidità che la vera forza interpretativa non risiede soltanto nella bellezza del suono, ma nel rendere la parola viva, credibile, incisiva. Da qui nasce il concetto di parola scenica.
Che cos’è, concretamente, la parola scenica? Non è un artificio teatrale né un’enfasi eccessiva, ma l’arte di restituire alla parola musicale la sua funzione drammatica. Significa che ogni sillaba, ogni inflessione della voce, ogni accento non sono messi lì per caso, ma devono farsi azione scenica. Il cantante non pronuncia semplicemente un testo: lo incarna, lo trasforma in gesto vocale, lo rende capace di generare emozione immediata nel pubblico.
Per raggiungere questo obiettivo, occorre un doppio lavoro. Da un lato, il controllo tecnico: respirazione, articolazione, dizione chiara e accurata. Senza una padronanza di questi strumenti, la parola scenica rischia di perdersi, di diventare opaca o indistinta. Dall’altro lato, l’interprete deve allenare la consapevolezza drammatica, proprio come un attore: domandarsi quali intenzioni nascono dietro quella frase, quali moti interiori la sostengono, quali immagini la rendono viva.
Immaginiamo, ad esempio, di cantare una frase di ira: la semplice emissione di un suono potente non basta. Occorre che la parola si trasformi in un atto vocale “tagliente”, sostenuto non da uno sforzo muscolare ma da una volontà precisa, quasi fosse una lama che incide lo spazio sonoro. Al contrario, una frase di dolore o di nostalgia chiede che il suono si faccia più sospeso, più introverso, con una postura corporea che accompagni la verità emotiva.
La parola scenica è quindi un ponte tra tecnica e interpretazione. Senza controllo tecnico non si regge, senza autenticità non comunica. È l’elemento che rende un cantante non solo un esecutore, ma un interprete completo, capace di dare corpo e anima a un personaggio.
Il consiglio pratico per chi studia oggi? Non limitarsi a cantare le note e le parole, ma sperimentare ogni frase come se fosse un’azione: chiedersi sempre “che cosa sto facendo con questa parola?”. Parlare, convincere, supplicare, minacciare, confessare: ogni parola in scena deve compiere un atto. Solo così il canto si trasforma in teatro, e il teatro in emozione viva.
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